Il diaconato per la causa ecumenica di una Chiesa in uscita
Abbiamo visto come la figura di Chiesa che si delinea è quella di una «Chiesa in uscita», con le porte aperte: un’espressione che diventa la chiave di lettura e il filo conduttore della Evangelii gaudium (nn. 20-24). Nella sua dimensione di Chiesa in uscita la valenza ecumenica è specificata ultimamente dal riferimento oikoumene nel suo significato originario e secondo la sua valenza più ampia di «mondo-casa comune di tutti». A prima vista, i richiami dell’Evangelii gaudium all’ecumenismo sono pochi. Il passo dell’esortazione che riguarda l’ecumenismo è piuttosto breve. Ma se poi lo si considera più attentamente e soprattutto lo si legge in relazione allo «stile» con cui papa Francesco sta esercitando il suo ministero petrino, si possono cogliere intuizioni capaci di rivoluzionare il cammino ecumenico e il modo con cui si guarda all’unità della Chiesa. Quello di papa Francesco è uno stile che si fa «sostanza». I suoi gesti dipingono un papa tutto proteso ad «incontrare» la gente e gli «altri» là dove sono, e ad imprimere a tutta la Chiesa una forte spinta verso l’esterno per farsi «prossima» a tutti, finanche a mettere in gioco sé stessa, nella attenzione alla loro vita e sensibilità e nella convinzione che l’altro abbia qualcosa di buono da dare: «Lo ripeto spesso: tra una Chiesa accidentata che esce per strada, e una Chiesa ammalata di auto-referenzialità, non ho dubbi nel preferire la prima».21 L’ecumenismo di una Chiesa in uscita è un intreccio di ecumenismo e missione che, senza confondersi, si qualificano reciprocamente: missione dal carattere ecumenico e un ecumenismo dall’orientamento missionario. L’eloquenza dei gesti di papa Francesco parla allo stesso tempo di missione e di ecumenismo.
Il ministero diaconale, poiché incentrato nell’Eucaristia è servizio alla mensa dell’altare e alla mensa dei poveri. Proprio questa specificità del pane eucaristico e del pane della carità dovrebbe
richiamare le chiese alla sofferente antitestimonianza della reciproca non accoglienza alla mensa eucaristica. Non solo, ma per aprire la strada verso la comune mensa eucaristica, le Chiese dovrebbero incamminarsi sulla strada del percorso diaconale: dall’Eucaristia ai bisogni e dai bisogni all’Eucaristia. Infatti mettendosi insieme nello spezzare il pane ai poveri troverebbero la forza di carità per affrontare, con coraggio e con speranza, la difficile strada del dialogo teologico che deve precedere lo scambio del pane alla mensa del Signore. È ecumenico dunque il binomio diaconale “Eucaristia-carità”; ma è altrettanto ecumenico un altro binomio diaconale che nasce dalla Parola. Il diacono è infatti “annunziatore qualificato” dal momento che “aiuta il vescovo nell’annuncio della Parola” (s. Ignazio); nello stesso tempo il diacono è anche l’uomo che, fra gli uomini, “interpreta le attese” della Buona Novella. Come uomo del sacramento dell’Ordine dunque e come fratello immerso nella realtà mondana, il diacono presenta alle chiese già unite nel riconoscimento della Parola di Dio, due grandi esigenze della Parola che, sul piano ecumenico, fanno problema: la garanzia dell’autenticità della Parola attraverso un ministero apposito e insieme le attese di Buona Novella cui le chiese possono veramente rispondere se unite nelle traduzioni, nella diffusione; soprattutto nel proporre la Parola di Dio come Buona Novella che risponda veramente ai bisogni dell’uomo. Anche in questo campo, come si vede, realtà ormai acquisite nel cammino ecumenico, come le traduzioni interconfessionali, sono richiamate e riproposte dalla presenza diaconale. Ma già la presenza diaconale nella sua storia è promessa ecumenica. È speranza ecumenica la missione del diacono; perché essa inizia nel Vangelo, fiorisce nei primi secoli della Chiesa ancora unita e riappare oggi con un nuovo sviluppo non solo nella Chiesa cattolica. Non potremmo augurarci che, come il diaconato, tanti altri valori, nati nell’epoca degli Apostoli e dei Padri, tornino ad essere i valori che si offrono poveri di unità all’inizio del terzo millennio. Questo significa allora scoprire la dimensione ecume-nica del diaconato. Dobbiamo protendere lo sguardo fuori, ai bisogni del mondo, al dialogo ecumenico. I documenti del 1998 ci dicono di non dimenticare mai che l’oggetto della diaconia di Cristo è l’umanità. La Chiesa continua ad essere segno e strumento della diaconia di Cristo nella storia, e il diacono è il segno e lo strumento di questa diaconia ecumenica nella Chiesa. Per questo l’ecumenismo è oggi un importante ambito per il rinnovamento del diaconato.